La fotografa Elisabetta Zavoli trasforma la quarantena della sua famiglia in una fiaba dark, evocando atmosfere mitologiche tra il gioco e la fantasia. In questa serie Elisabetta prende i figli per mano e li accompagna in un viaggio alla scoperta dei colori dell’oscurità, mettendo in scena le sfide più intime della propria interiorità.

Prima della pandemia non ho mai avuto molto tempo da passare con i miei figli, Davide, 11 anni, e Giovanni, 8. La vita girava a ritmi frenetici tra il mio lavoro, la scuola, le loro attività pomeridiane e  la mia vita sociale.

Tutto ad un tratto, ALT! FERMI TUTTI! RIMANETE DOVE SIETE! STATE A CASA!

Si, casa.

Siamo tra quelle persone abbastanza fortunate ad avere un grande giardino perché viviamo in campagna. Ho sempre  sopportato male la distanza dalla città ma ora questo giardino è diventato la nostra salvezza.

Dall’inizio della quarantena i miei figli mi hanno raccontato le loro paure e mi hanno posto molte domande sul virus e sulla  situazione che stiamo vivendo. Per far fronte a questi pensieri ed emozioni difficili da gestire, soprattutto per il più piccolo,  abbiamo deciso di creare un universo di sogni e magia grazie alla connessione con la natura che ci circonda.

“E nell’oscurità puoi trovare i colori” è il risultato di questo  progetto fotografico partecipativo che sto realizzando con i miei figli dall’inizio del lockdown. Ogni notte ritagliamo la nostra idea dal buio completo, illuminando la scena con diverse fonti di luce. Non sappiamo mai come sarà esattamente l’immagine: facciamo un piccolo progetto disegnando su un taccuino e poi lo  adattiamo al luogo, al nostro corpo e alle nostre sensazioni. Un ruolo importante è lasciato all’improvvisazione e alla nostra connessione. Ogni immagine è fonte di ispirazione per l’immagine successiva. Usiamo oggetti che troviamo in casa: vecchi giocattoli, lenzuoli, maschere, vecchi utensili che troviamo in garage. Poi ci confrontiamo sulle immagini che abbiamo appena realizzato e usiamo questo processo per rinnovare e rafforzare i legami tra di noi. Per le fotografie ho scelto un formato verticale per richiamare l’idea di una porta che si apre nel nostro mondo interiore.

Abbiamo scelto questo titolo per riferirci sia allo stile del nostro racconto visivo sia alla speranza che in ogni situazione, anche la peggiore, riusciremo a trovare gli aspetti positivi.
E per me l’aspetto positivo inaspettato di questo confinamento è il prezioso tempo sospeso trascorso con i miei figli, fuori dal mondo, nel nostro mondo, dove posso godere degli ultimi colori della loro infanzia.


Elisabetta Zavoli è una fotografa documentarista italiana, freelance dal 2009. Ha vissuto in Indonesia 6 anni dove ha lavorato da un lato su questioni di genere, legate alla comunità di waria (donne transgender indonesiane) e alle donne impiegate nelle industrie tessili di Jakarta e, dall’ altro, su questioni ambientali legate all’inquinamento (da mercurio e plastica) e relative ai cambiamenti climatici. Nel 2016, le è stato assegnato il “Journalism Grant for Innovation in Development Reporting” rilasciato dallo European Journalism Centre per il progetto “A fistful of shrimps”, sulla deforestazione degli ecosistemi di mangrovie indonesiane indotti dai consumi occidentali di gamberi tropicali a basso costo. Nel 2019, la sua fotografia “The landfill midwife” ha vinto il primo premio all’ Earth Photo Award rilasciato dalla Royal Geographical Society di Londra. E’ membro della comunità internazionale di fotografe Women Photograph e del gruppo internazionale di fotografi @Everydayclimatechange.